I problemi degli enti locali e dei comuni in particolare sono oggi problemi essenziali perché coinvolgono tutti gli aspetti del diritto pubblico ed amministrativo, come il sistema dei nervi, delle vene e delle arterie nel corpo umano, ed incidono fortemente sull’intero organismo amministrativo della Regione e dello Stato, a seguito del vigente assetto “policentrico” o “multilivello” voluto dal legislatore con la riforma del Titolo V. Se i comuni non funzionano, si incide inevitabilmente sul funzionamento delle altre componenti riconosciute dalla Repubblica secondo l’articolo 114 della Costituzione, dal momento che ora tutti questi enti di pari dignità istituzionale, anche se necessariamente di diverso valore, sono più che mai collegati, costretti a vivere assieme, e vincolati alle norme giuridiche, come una piccola folla di Promètei, incatenati senza rimedio alla rupe del Caucaso.

Malgrado le previsioni lungimiranti e moderne contenute nel Titolo V della nostra Costituzione, le autonomie locali ed i comuni in particolare, che dovrebbero essere i pilastri della vita politica e giuridica del nostro paese, sono oggi in grave crisi. Ciò che preoccupa per davvero è che non sempre i Comuni, i primi “mattoni” dell’edificio della Repubblica, sono tenuti nella dovuta considerazione dai governi nazionali o regionali. L’autonomia normativa locale, esaltata a parole, è stata compressa, e spesso sostanzialmente eliminata, dalle norme statali e regionali. Diverse discipline normative, che interessano direttamente i Comuni, vengono stabilite dallo Stato o dalle Regioni, lasciando i Comuni sostanzialmente nella condizione dei proverbiali vasi di coccio tra vasi di ferro, costretti a subire decisioni altrui. Eppure queste autonomie, che come stabilisce l’art. 5 della Costituzione, sono «riconosciute» e si devono «promuovere» traendo forza dagli articoli 114, comma 2 , e 117, comma 6, sembrano solo proclamate, pur essendo risaputo come gli enti locali, ed in particolare i comuni grandi e piccoli, hanno sempre avuto un peso considerevole nell’evoluzione socio-economica delle rispettive collettività, così come la loro azione – inquadrata poi in quella svolta dagli altri enti di livello superiore – ha concorso notevolmente allo sviluppo delle rispettive regioni e dell’intera Nazione.

Sullo sfondo di questo quadro, già di per sé certamente non idilliaco, nel corso degli ultimi anni il gap socio-economico che separa grandi e piccoli centri sembra essersi accentuato sempre di più, sebbene nei Piccoli Comuni non appare sopito un certo dinamismo ed una naturale tendenza verso spinte d’innovazione e di sviluppo.

Si impone, quindi, con estrema urgenza, di porre al centro del dibattito politico marchigiano il ruolo dei Piccoli Comuni per definire ed implementare una politica regionale volta ad arginare la condizione di emergenza non dichiarata dei Piccoli Comuni, che necessita di soluzioni complesse e diversificate, ancorate alla cultura del territorio ma aperte alle innovazioni più ardite, per non ampliare ulteriormente il solco che li separa da aree più sviluppate, anche in ragione delle progressive e nuove richieste di benessere.

Occorre, pertanto, consolidare le piccole realtà locali ed offrire loro strumenti efficaci per uscire dalla crisi in cui versano scongiurando il pericolo di estinzione cui sembrano inesorabilmente destinati e rilanciare, in queste aree, la competitività territoriale.

Appare assolutamente indispensabile fare leva su una sinergia di azioni che non possono prescindere dall’implementazione e miglioramento, sotto il profilo qualitativo e quantitativo, dei servizi rivolti al cittadino, dalla valorizzazione dell’inestimabile patrimonio culturale ed ambientale custodito da secoli dai Piccoli Comuni e dalla promozione dell’elevato grado di qualità della vita di cui tali Enti sono orgogliosi e strenui difensori.

Altre azioni, inoltre, dovranno stimolare l’aggregazione intercomunale, spingere a fare rete, o meglio ancora, sistema, coniugare l’intervento pubblico con quello privato e rafforzare la fiducia ed il grado di cooperazione tra i vari Soggetti che operano sul territorio, il tutto in quadro strategico largamente condiviso: solo così sarà possibile gettare le fondamenta di una effettiva crescita e rimodulare le condizioni per lo sviluppo delle aree più svantaggiate, marginando il sempre più diffuso senso di impotenza che serpeggia tra diversi amministratori locali dei Piccoli Comuni.

A tale situazione di precarietà non può e non deve sottrarsi la Regione Marche, in cui la maggior parte del territorio è occupata da Piccoli Comuni, ovvero da quegli Enti che hanno una consistenza demografica pari o inferiore a 5.000 abitanti e che, in termini numerici, rappresentano quasi il 72% dei Comuni marchigiani, una riserva umana, territoriale ed ecologica fondamentale per la crescita sostenibile ed equilibrata della nostra Regione.

Da un’indagine statistica elaborata con l’aggiornamento del distacco dei 7 comuni dell’Alta Valmarecchia, al 1 gennaio 2009 i Comuni delle Marche sotto i 5000 abitanti risultano essere 172 su 239. Occupano il 52,71% del territorio regionale (4937,1 kmq su 9365,9 kmq) e ci risiedono il 21,99% degli abitanti (341.212 su 1.551.377). I piccoli comuni della Provincia di Pesaro-Urbino sono 45, della Provincia di Ancona sono 30, della Provincia di Macerata sono 40, della Provincia di Fermo sono 33 ed infine della Provincia di Ascoli Piceno sono 24. Con i suoi 123 abitanti il comune più piccolo risulta essere Acquacanina (MC) mentre il più grande dei piccoli, con i suoi 4967 abitanti, è il comune di Cupramontana (AN). Con i suoi 3,7 kmq di superficie territoriale Pedaso (FM) risulta essere il comune con minore estensione territoriale mentre Acquasanta Terme (AP), con i suoi 138,1 kmq, è il comune occupante la maggiore superficie territoriale. Monte Cavallo (MC) con i suoi 4 abitanti per Kmq risulta avere la minore concentrazione di densità abitativa mentre Castelbellino (AN), con i suoi 788,2 abitanti per kmq, risulta essere il comune con maggiore densità di abitanti. Con i suoi 5 metri s.l.m. nuovamente Pedaso (FM) risulta essere il centro con la minore quota altimetrica mentre Bolognola (MC), con i suoi 1070 metri s.l.m., risulta essere il centro più elevato dei comuni.

Non esiste una sola tipologia di Comune, ma una vasta gamma estremamente diversificata. Un comune di 1000 abitanti non è paragonabile ad uno che ne conta 3000 e quest’ultimo differisce notevolmente da una città. La realtà è fatta di enti estesi territorialmente e di enti concentrati su un fazzoletto di terra. Di comuni di montagna, di collina, di pianura, di enti soggetti a rischio sismico e a dissesto idrogeologico, di comuni turistici, agricoli o artigianali; in crescita, stagnanti e in flessione demografica ed economica. Di enti con popolazioni diversamente distribuite tra vecchi, anziani, adulti, giovani e bambini, di enti prosperi e poveri, avanzati e arretrati, informatizzati e non. Amministrazioni con elevati trasferimenti erariali e adeguati gettiti tributari e amministrazioni che ricevono trasferimenti sperequati ed entrate tributarie moderne; enti al di sopra, al di sotto e allineati con la media di trasferimento pro-capite. E le distinzioni non finiscono qui. Altre se ne potrebbero aggiungere. Un intervento indiscriminato su tutti non aiuta a distinguere gli uni dagli altri.

Di fronte a questo mondo eclettico e polverizzato si ritiene improcrastinabile e prioritario l’individuazione delle condizioni di svantaggio, di marginalità e di disagio, dei Piccoli Comuni quantificabile sulla base di opportune variabili o fattori demografici, geo-morfologici, sociali ed economici, oltre che strutturali degli enti.

La necessità di agire mediante ricorso ad un sistema di criteri ed indicatori, scaturisce dalla considerazione che tale sistema rappresenta un insieme di elementi indispensabili per monitorare il grado di vitalità dei Piccoli Comuni e consentono un imprescindibile momento di conoscenza del territorio anche al fine di modulare interventi politici ed amministrativi efficaci e, soprattutto, di razionalizzare la distribuzione delle risorse a disposizione, indirizzandole verso le realtà più svantaggiate. La scelta di indicatori e criteri, pertanto, risulta particolarmente delicata ed assume un rilievo “politico” notevole in quanto permette, facendo leva si dati assolutamente oggettivi, di disegnare un quadro preciso della situazione dei Piccoli Comuni marchigiani e, conseguentemente, di accorparli in macrogruppi caratterizzati da un analogo grado di sviluppo socio-economico ed infrastrutturale. Così operando, si potrà trovare una soluzione ai problemi dei Piccoli Comuni trasformando le difficoltà in opportunità, nella consapevolezza che non esistono aree per natura deboli ma solo aree non in condizioni di poter competere con altre realtà più sviluppate.

Solo dopo una diagnosi accurata, dopo aver acquisito una visione d’insieme ed una prospettiva complessiva della realtà dei Piccoli Comuni marchigiani, si potrà ragionare sul come realizzare i seguenti assi strategici:

– adozione di misure ed interventi specifici tesi alla riduzione delle condizioni di svantaggio delle piccole realtà municipali, anche attraverso l’individuazione di fasce differenziate di marginalità e di disagio;
– sostegno all’innovazione tecnologica;
– difesa e promozione delle risorse materiali ed immateriali dei Piccoli Comuni;
– potenziamento dei servizi essenziali a favore delle popolazioni residenti nelle piccole realtà locali al fine di arginare i fenomeni dello spopolamento e dell’invecchiamento;
– promozione dello sviluppo locale;
– incentivazione ed accompagnamento dell’associazionismo intercomunale;
– costruzione di un sistema istituzionale integrato, coeso e partecipato (commissione interistituzionale o tavolo di lavoro) che dia voce anche ai Piccoli Comuni e che costituisca l’elemento fondante delle politiche programmatiche regionali, provinciali e comunali e che possa accompagnare la realizzazione del sistema regionale degli enti locali.

Sicuramente il percorso non appare tra i più agevoli stante il non definito quadro degli aspetti ordinamentali ed economici-finanziari. Tuttavia con quell’amore che si dedica alle proprie cose più care si auspica che la nuova legislatura regionale affronti la questione dei Piccoli Comuni, con approccio sistematico e multidisciplinare, nell’interesse della comunità regionale. L’impegno è grande, ma la posta in gioco lo è ancora di più.

Roberto De Angelis